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UNA PROPOSTA PER PROMUOVERE IL TRENTINO “IN PROPRIO”

Mp – 23 luglio 2013

Si sente dire di questi tempi che “La crisi morde anche in Trentino” e che “Pure il turismo inizia a soffrire e con esso tutte le attività economiche e lavorative collegate”. La Provincia cerca di fare del suo meglio aiutando a suon di finanziamenti milionari il sostegno a questo settore che è - ma dovrebbe esserlo ancora di più – la risorsa principale del Trentino, il volano per poter rispondere a nuova domanda con nuova offerta. Sappiamo che una cospicua percentuale del target del nostro turismo sta provenendo ora da nuovi territori (Russia, Polonia, Paesi dell’Est), presto anche da Sud America e da Cina ed India. Adesso non è il “cosa” che più conta, ma il “come” sia possibile raggiungere questi nuovi mercati. Come detto, l’Ente pubblico fa la sua parte, ma sono convinto che attraverso quella rete mondiale, democratica e gratuita, che è Internet, sia possibile per ognuno di noi dare un suo piccolo-grande contributo. Non ci credete? Attraverso la rete vengono scambiati milioni di contenuti al giorno, fotografie personali in particolare. In questo campo ogni trentino può fare molto per la promozione della sua Provincia, senza che al momento ne sia del tutto consapevole. Basta che le fotografie che pubblichiamo su Facebook o su altri social-network, che rappresentano le nostre montagne, i nostri laghi, le nostre bellezze in generale, non siano più foto anonime con noi al centro, ma riportino bene in chiaro una breve didascalia che indichi che quelle meraviglie alle nostre spalle si trovano in TRENTINO (Italia). Meglio ancora se avremmo l’occasione di pubblicare ad hoc panorami, albe, tramonti, fiori, animali, ma anche opere d’arte, paesi e città, insomma tutto ciò di buono e di meglio che il nostro territorio può offrire e di cui possiamo andare fieri. Accadrà così che nessuno potrà più domandarsi: “Ma dove sarà questo posto stupendo? Che bello sarebbe poterci andare”. In internet non essendoci confini di sorta, questa domanda potrà via via essere posta in russo, in portoghese, in cinese… in ogni lingua e in ogni nazione in cui la nostra foto potrà essere vista. Quello che è più importante, però, è che la nostra risposta sarà sempre data da due semplici parole italiane: “TRENTINO (Italia)”. Sembra una banalità, ma non è così. Scattiamo foto con la “testa”, oltre che con il “cuore”, e avremo così aiutato molto con poco il nostro Trentino. Come a dire che tutti possiamo essere un po’ambasciatori della nostra terra e promotori del nostro futuro.

DEAR PRESIDENT OBAMA



Mp - 15 Febbraio 2013

President Usa Mr. Barack Obama    
White House, 1600 Pennsylvania Ave
Washington, DC. 20500 – Usa

e p.c. Mr. David Thorne
Ambasciatore Usa
Via Vittorio Veneto, 121
00187 Roma


Caro Presidente Obama,
sono un cittadino italiano, uno dei tanti che in questi giorni ha potuto vedere il film del regista americano Steven Spielberg, “Lincoln”, che affronta il doloroso tema della schiavitù e della sua abolizione nel 1865, in Usa. Un film che mi ha colpito particolarmente, un film esemplare e importante sotto molti punti di vista, non solo cinematografico, ma anche storico, morale e politico. Ammirevole soprattutto per la visione politica raccontata che mette insieme idealismo e realpolitik, evidenziando due elementi fondamentali: da una parte la statura morale del presidente Lincoln, dall’altra la capacità di guardare al di là delle personali convenienze, assieme al coraggio di saper usare metodi anche impropri pur di raggiungere obiettivi elevati di indubbia natura superiore. L’impresa di Spielberg, tentata e superata, è stata quella, insomma, di rendere intima e interiore una questione di giustizia e di politica universale, di dare voce ad un’invocazione al recupero della centralità della politica, della sua pratica, anche dei suoi “buoni” compromessi. Per questo motivo, vedendo il film, non ho potuto non pensare come la storia e le esperienze del passato parlino ancora al presente e al futuro. Eppure, dopo tanti anni e tanto progresso, nemmeno oggi, caro Presidente, possiamo purtroppo dirci liberi da forme di schiavitù che in un mondo globalizzato sono ormai a noi molto vicine. La questione irrisolta dei diritti fondamentali di vita, di dignità umana, di libertà, di democrazia e di pace, in certe nazioni è tuttora presente, mentre nei nostri Paesi, Usa e Italia, la crisi economico-finanziaria riporta all’attenzione dell’opinione pubblica preoccupanti segnali per il futuro per quanto attiene il diritto al lavoro, allo studio, alla casa, all’unione familiare, alla stessa felicità, condizione quest’ultima a cui dovrebbe tendere qualsiasi azione collettiva. L’oggi, evidentemente, reclama una nuova cultura e una nuova politica se è vero che un modello economico di eterna crescita e consumo è sostanzialmente fallito e che uno dei suoi “misuratori”, il Pil - il Prodotto Interno Lordo (in inglese Gross Domestic Product o Gdp) - così come è stato inteso finora non rende affatto felici. Diceva Robert Kennedy nel 1968: “E’ chiaro che da troppo tempo abbiamo sacrificato al Pil le qualità personali e i valori della comunità. Il Pil non tiene conto della salute dei nostri bambini, della qualità della loro educazione o della felicità dei loro giochi, non misura l’integrità, il coraggio, la saggezza o la conoscenza, la compassione: non tiene conto di quello che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Per questi motivi, Presidente Obama, Le chiedo cortesemente due cose: la prima, che come Abraham Lincoln Lei sappia mettere in campo tutti i poteri eccezionali di cui dispone il Presidente degli Stati Uniti d’America, per fissare al primo posto dell’agenda politica sempre e comunque i beni primari dei cittadini e non tanto - per essere franco - gli interessi delle Borse, delle Banche, delle Finanziarie, delle Multinazionali, degli Eserciti. Lei sa bene quanto sia importante l’esempio degli Usa nel mondo e di conseguenza il Suo personale impegno e risultato. La seconda, invece, riporta al tema iniziale di questa mia comunicazione, e cioè alla schiavitù negli Usa legalizzata dalla Costituzione del 1787, che vide per più di un secolo il sequestro dai Paesi africani e il mantenimento in schiavitù di una quantità enorme di esseri umani fino a raggiungere i 4 milioni nel 1860: un crimine contro l’umanità, non completamente diverso - ammettiamolo - dall’eccidio nazista della Shoah. Di risarcimenti nei confronti dei neri d’America se n’è parlato molto sin dal 1865 in poi, ma purtroppo quello che è certo fino ad oggi è che l’unico vero indennizzo è stato quello dato all’epoca dallo Stato ai proprietari terrieri in cambio della liberazione dei “propri” schiavi. Dunque, se è pur vero che il 18 luglio 2009 il Senato degli Stati Uniti d’America ha approvato all’unanimità una risoluzione in cui “riconosce la fondamentale ingiustizia, crudeltà, brutalità e disumanità dello schiavismo e delle leggi Jim Crow (quelle della segregazione razziale) e si scusa con gli afroamericani a nome del popolo degli Stati Uniti per gli sbagli commessi nei loro confronti e nei confronti dei loro antenati”, è anche verosimile che in tal senso difficilmente si potrà rendere operativo un risarcimento diretto in denaro per tutti i neri d’America.
Ciò premesso, mi permetto di proporre a Lei, Signor Presidente, una forma diversa di risarcimento, fattibile e altrettanto efficace dal punto di vista del riconoscimento della dignità umana: aiutare materialmente l’Africa, il continente di antica origine di molti Suoi concittadini, il continente oggigiorno più povero e arretrato della Terra. Aiutarlo, però, non attraverso investimenti o imprese aventi come scopo, ancora una volta, quello di fare profitti solo per sé stessi, né tanto meno attraverso organizzazioni non governative lasciate alla buona volontà o al caso. In questa situazione, infatti, solo un intervento diretto e ufficiale degli Stati Uniti d’America - una specie di “Piano Marshall” per l’Africa - potrebbe essere di contrasto al neo-colonialismo e al sistematico saccheggio dei beni comuni che qui sta accadendo da alcuni anni ad opera di molti Paesi stranieri. Un impoverimento per queste popolazioni, una privazione di libertà annunciata che solo un intervento concreto e disinteressato - come quello di Lincoln ai tempi della schiavitù - potrebbe arrestare. In questo caso ridare dignità equivarrebbe a riparare, seppur parzialmente e con un notevole ritardo, l’immane tragedia del continente africano causata da una malvagità umana impossibile da perdonare ma possibile da non ripetere. Ci pensi, Presidente, e rifletta anche sul fatto che se non saremo in grado di risolvere situazioni esplosive come questa e come altre in giro per il mondo, l’umanità intera sarà presto in pericolo.
Tanto avevo il desiderio di dirLe, con estrema modestia e sincerità.
Buon lavoro Presidente Obama!
Maurizio Panizza
Giornalista


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CAMBIARE IL MONDO

Mp - 17 gennaio 2013

Per cambiare il mondo, i giovani dovranno cambiare se stessi. L’ultima generazione ha cresciuto i figli incitandoli alla competizione, a essere i primi della classe, a diventare più ricchi dei padri, a considerare l’avere molto più importante dell’essere. E’ un modello che ha fallito, che non funziona più. A questi ragazzi va detto: il sistema economico basato sullo sfruttamento intensivo e dissennato delle risorse, sull’iper-consumismo, sull’individualismo, è arrivato alla fine della sua parabola. Ci potremo salvare solo se dalla società della competizione e del profitto saremo capaci di passare alla società della condivisione e della sobrietà.

I MIEI AUGURI PER IL 2013

Il futuro può essere migliore solo se siamo in grado di cambiare il presente. La crisi in cui siamo immersi è – come ben sappiamo - una crisi finanziaria. Una crisi nata dalle banche ma che è stata invece essenzialmente mascherata da "crisi del debito pubblico". Infatti per salvare le banche europee abbiamo speso sinora circa 4.000.000.000.000 (quattromila miliardi) di euro, mentre ad esempio l'Islanda (pur con i dovuti distinguo) piuttosto che salvare un sistema bancario malato ha preferito garantire i depositi bancari della gente e lasciare fallire le banche che avevano generato la crisi.
E' evidente che chi dovrà mettere mano nel corso del 2013 a tale grave situazione, dovrà farlo con il massimo dell'impegno al fine di garantire la tutela dei cittadini e non certo quella delle lobbie finanziarie e di tutto ciò che orbita attorno ad essa: agenzie di rating, banchieri, assicuratori, approfittatori di vario genere. In proposito, la prima cosa da fare è quella di non consegnare i nostri beni comuni a chi non è sicuro che lo faccia con totale disinteresse, a chi, insomma, sia in qualche modo collegabile al mondo della grande finanza. Giusto per farvi alcuni esempi, ricordo che Mario Monti è stato fino a pochi anni fa importante consulente della Goldman Sachs (agenzia di rating fallita nel 2008), così come Mario Draghi che ne è stato vicepresidente. Oppure che il ministro Profumo è amministratore di Unicredit Bank, o che il ministro Giarda è vicedirettore del Banco Popolare. O ancora, che Gnudi, ministro del Turismo, è amministratore di Unicredit Group e che il ministro Passera è amministratore delegato di Intesa San Paolo, mentre la ministro Fornero ne è la vicepresidente. Secondo voi, mi chiedo, sono tutti soggetti disinteressati ai quali è il caso di consegnare le chiavi del nostro futuro?
E' ora che il principio per cui "il potere finanziario ordina e il potere politico esegue" sia finalmente ribaltato. Per farlo dobbiamo essere in tanti, tutti convinti che le priorità sono i beni essenziali: l'uguaglianza, il lavoro, la salute, i servizi sociali, la pace.
Auguri di Buon Anno!

L’ADIGE, GIORNALE INDIPENDENTE

Mp - 4 dicembre 2012

Un giornale indipendente e obbiettivo si riconosce anche da come pubblica le lettere, oppure da come le taglia. Domenica 2 dicembre 2012 il direttore Giovanetti si scagliava con inaudita ferocia contro chi in Trentino cercava di applicare le regole stabilite dal Collegio nazionale dei Garanti per le Primarie del Centrosinistra. Oggi, 4 dicembre, il quotidiano pubblica una mia replica, tagliata nelle parti che più interessavano ai lettori, ma che evidentemente più davano fastidio al giornale. Nessun problema! Che Giovanetti si crogioli pure nelle sue sicurezze, noi a testa alta offriamo ai lettori del web la nostra versione.


PD E GOVERNO
La cultura comunista
(l’Adige, 2 dicembre 2012)

La cultura comunista 1
La cultura comunista 2

REPLICA

                        I tre "Saggi" contestati dal direttore de l'Adige.
                        Da sinistra: Maurizio Panizza, Alessandro Pietracci, Rino Sbop



Egregio Direttore,
a mente fredda e solo a chiusura delle Primarie, desidero rispondere al Suo editoriale di domenica scorsa non tanto perché in esso vengo qualificato a sproposito “comunista”
o “post-comunista” (lo sono semmai nella misura in cui Lei è democristiano o post- democristiano), quanto piuttosto per confermare ai lettori le ragioni per le quali con
estremo sforzo ho cercato di interpretare delle norme nazionali ineludibili, per certi versi assolutamente aleatorie e pure contraddittorie, in particolare quella della “giustificazione”
coniugata con quella del “mantenimento della base elettorale”. L’ho fatto, assieme agli altri due “garanti”, con la ferma convinzione di rispondere il più possibile alle richieste degli
elettori di poter votare al ballottaggio, avvalendomi della ragione e non della faziosità, contrariamente a quanto sostenuto in proposito dal Suo intervento quale esplicita accusa
nei nostri confronti. Prova ne è - libero di non crederci – che per ogni caso esaminato non abbiamo volutamente considerato il nome del richiedente come elemento privilegiato, al
punto tale che Lei potrà certamente verificare attraverso i Suoi collaboratori sul territorio (com’è capitato a noi, a posteriori) che la stragrande maggioranza degli ammessi al voto -
perlomeno quelli “noti” - risulta appartenere allo schieramento pro-Renzi - il Suo - e non a quello di Bersani.
Inoltre, Le chiedo cortesemente di verificare le percentuali di ammissione al voto decise in Trentino (344 su 1093, circa 32%) in confronto a quelle di altre realtà italiane che, giusto
per farLe alcuni esempi, appaiono ben diverse e, se vogliamo, decisamente contrarie alla direzione di “apertura” da Lei sostenuta: Firenze 10 richieste ammesse su 10.392 (0,1%);
Torino 64 su 4.800 (1,4%); Livorno respinte in toto le 1.094 presentate (0%).
Tutto ciò per dirLe, Egregio Direttore, che nel nostro piccolo, per quanto possibile, abbiamo applicato alla lettera lo sforzo invocato da più parti, compresa la Sua, e alla fine abbiamo portato a casa dei risultati organizzativi e politici inimmaginabili fino a poche settimane fa. Una grande vittoria della democrazia e della partecipazione, altro che Comunismo! Se ciò è vero, com’è vero, mi chiedo perchè inveire gratuitamente contro i “garanti” di cui faccio parte, con un’inspiegabile durezza ai limiti dell’offesa personale? Perché non considerare con la ragione tutte le variabili in gioco in questa difficile ed incredibile partita, anziché quelle che fanno più comodo a se stessi e al proprio leader? Perché colpire di proposito chi in periferia cerca a fatica di applicare obbligatoriamente delle norme, piuttosto che stigmatizzare l’operato di chi al centro quelle norme le ha scritte ed approvate? Perché, infine, come operatori di un’informazione pubblica - alla quale pure io appartengo – anziché cercare di rendere chiari e trasparenti i fatti, buttiamo altro fango per cercare di intorbidire e magari distruggere un contesto politico già di per sé complicato e precario?


 Maurizio Panizza
Coordinamento Provinciale
del Trentino per le Primarie

 

Amministrazione

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