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Avviso

Giovanni Battista Panizza

DEPUTATO AL PARLAMENTO DI VIENNA E FONDATORE DEL MOVIMENTO COOPERATIVO


"Noi cooperatori vogliamo che siano riparate le ingiustizie, soddisfatte le nobili aspirazioni del popolo, difesi i diritti individuali e collettivi, protetto il lavoro e la produzione del contadino e dell'operaio, moltiplicate le piccole proprietà, un popolo indipendente che possa far valere e rispettare la propria fede ed il proprio diritto alla vita con la potenza della cooperazione"

 

 


Giovanni Battista Panizza nasce, nel 1852 a Volano, uno dei tanti piccoli paesi del Trentino (fino al 1918 austriaco) da una famiglia contadina. Sin da ragazzo dimostra notevoli capacità di leader e un’intelligenza fuori dal comune. Per questo, con non pochi sacrifici viene avviato agli studi presso il Seminario Diocesano di Trento e poi, dimostrando reale vocazione al sacerdozio, compie il percorso universitario presso la facoltà di Teologia di Vienna. A 25 anni, nel 1877, è già sacerdote, cooperatore a Piazzola di Rabbi, poi per due anni ritornerà a Volano e per altri due ad Arco. Dove, invece, il suo passaggio lascerà il segno iniziando una formazione che caratterizzerà tutta la sua vita, è a Tuenno, in Val di Non. Qui rimane per 12 anni e cioè dal 1886 fino al 1898.

 

Ma qual’è la realtà in cui si trova ad operare don Panizza? E’ molto importante rispondere a questa domanda in quanto altrimenti sarebbe faticoso comprendere tutto il resto. La società del Trentino da centinaia di anni è una società contadina che basa la sua sussistenza sulla piccola proprietà terriera. La figura del piccolo e autonomo proprietario-coltivatore è dunque fondamentale per questa terra di confine. Ne caratterizza l’operosità ma anche i grossi limiti legati appunto alla notevole frammentarietà dei fondi - talvolta troppo esigui - con i quali una famiglia del tempo ha spesso enormi difficoltà a tirare avanti. Quando un raccolto va male, per quella famiglia è una tragedia.

 

E' in questi casi che compaiono in scena le figure dell’usuraio, del negoziante, del mediatore che si offrono per prestare soldi a tassi di interesse che spesso si rivelano poi impossibili da restituire. Ci siamo mai chiesti perché certi campi o certe case dei centri storici sono stranamente frazionate? Di frequente il motivo sta proprio in questo: i proprietari di un tempo non sono riusciti a ripianare un debito. Succedeva infatti che chi si veniva a trovare in situazioni del genere, era costretto a vendere quel poco che aveva: una bestia, un campo, una casa o, appunto, una parte di essa. Talvolta qualcuno passava improvvisamente dalla condizione di proprietario a quella di servo agricolo del proprio fondo nell'arco di una stagione. Ma anche semplicemente per comperare i generi di prima necessità spesso si era costretti a fare debiti e quasi sempre a richiedere al negoziante il dilazionamento del pagamento fino ai tempi del raccolto. A tutto ciò deve essere aggiunto pure l’avanzare della nuova economia di mercato in un Trentino austriaco del tutto impreparato – secondo un vecchio sistema feudale – a sostenere l’impatto con nuove condizioni di vita e di lavoro. 

 

In questa situazione generalizzata di miseria, di malnutrizione, di malattie e di emigrazione su larga scala, don Panizza giunge – come si diceva - a Tuenno. Qui, fonda l’Asilo infantile con annesso l’oratorio femminile e la scuola di cucito. Subito dopo - nel 1894 - fa nascere la Famiglia cooperativa e l'anno seguente la Cassa Rurale di credito cooperativo, così da poter dare "respiro" economico ai contadini, sotto il simbolo de l'unione fa la forza e della democrazia partecipativa "una testa, un voto". Don Panizza è uno di quei preti "usciti di sacrestia", che raccoglie da subito l’esempio di don Lorenzo Guetti (fondatore della prima Famiglia cooperativa a S.Croce di Bleggio nel 1890) e le indicazioni dell’enciclica sociale “Rerum Novarum” di Papa Leone XIII. Tuttavia, diversamente da don Guetti – che propugna un modello di cooperazione "laico" (usando un termine di oggi), aperto cioè ad ogni persona di buona volontà – don Panizza punta ad una cooperazione essenzialmente cattolica, con i valori della religione cristiana alla base del movimento: un segno dei tempi. Vi è allora, infatti, la concezione che considerava la Chiesa al vertice nella guida di una "societas perfecta".

 

Si originano così due diverse correnti di pensiero che convivono assieme per alcuni anni, anche dopo la costituzione, nel 1895, della "Federazione dei consorzi cooperativi del Tirolo di parte italiana". Don Guetti ne viene nominato presidente, don Panizza dirigente federale. Tre anni dopo, don Guetti muore a soli 51 anni. L’anno successivo, a Mori, nel congresso della Federazione, vi è la svolta definitiva: la corrente confessionale sbaraglia ai voti i cosiddetti “neutrali” e imposta la sua azione sul modello proposto da don Panizza, il quale viene eletto presidente e sempre riconfermato pure nei vent’anni successivi, fin dopo la prima guerra mondiale.

E’ in questi anni che nascono, in tutto il Trentino,  numerosissime cooperative di ogni genere: dalle famiglie cooperative, alle casse rurali, alle cantine sociali, alle cooperative agricole, ai caseifici, ai forni per i bozzoli della seta. Grazie a questo straordinario fenomeno, il Trentino diviene ben presto la provincia in Europa con la più alta percentuale di cooperative in rapporto agli abitanti, iniziando di conseguenza a sollevare la popolazione dalla miseria. 

Se dunque, a don Guetti va l’indubbio merito di avere iniziato per primo un percorso nuovo in Trentino, seppur gestito per soli tre anni,  a don Panizza spetta il riconoscimento per avere realizzato e fatto crescere l'impianto della cooperazione trentina (anche grazie al suo impegno in politica con il Partito Popolare, di cui è il primo Presidente, qualche anno prima di Alcide Degasperi), "impianto" che ha resistito per oltre un secolo, arrivando integro e rafforzato sino ai nostri giorni. In altre parole si potrebbe dire che Guetti ha deposto la prima pietra, mentre Panizza ha costruito la casa e curato la sua impegnativa manutenzione nel primo ventennio.

 

Come mai allora don Guetti viene considerato il “Padre” della cooperazione trentina, mentre don Panizza per la maggior parte delle persone è quasi uno sconosciuto? E’ una domanda del tutto lecita e che può avere più risposte, tutte comunque riconducibili alle origini del movimento: laico o cattolico e, dunque, Guetti o Panizza?

 

Vittorio Cristelli, filosofo, storico e giornalista, avanza in proposito una sua tesi sociologica molto semplice, rispondendo al questito con tre risposte singole:

  •  Talvolta i trentini non ammettono che il discepolo possa essere migliore del maestro.

  • Se la storia è fatta dai vinti, l’originale modello di cooperazione cattolica del Trentino austriaco – dopo la fine della Grande Guerra – dal punto di vista storico è finito per essere omologato alla più diffusa cooperazione laica dell’Italia vincitrice.

  • Per negligenza o volontà, la cultura post bellica ha evitato lo sforzo (ed il rischio) di rielaborare obiettivamente la genesi del movimento cooperativo in Trentino e riconfermare storicamente la sua forte matrice cattolica.

Per questi motivi rimane in sospeso una domanda: se dunque è la cooperazione cattolica che ha fatto conoscere alla terra trentina una realtà che ha portato benessere e ricchezza fino ai nostri giorni, non ne è forse don Giovanni Battista Panizza l’artefice principale?

 

Per approfondire questa figura di sacerdote e politico, si legga in proposito "Eroe plebeo", Edizioni Stella, Rovereto, 2003, di Maurizio Panizza.

 

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